IL TARTUFO DI PIZZO
A Pizzo Calabro non servono cani per scovare il tartufo, basta andare in un qualsiasi locale della città per trovarne di buonissimi! Qui infatti nasce il primo gelato in Europa ad aver ottenuto il marchio IGP, grazie alla qualità della sua produzione artigianale, che al giorno d’oggi si rivela sempre una carta vincente. Come ben saprete, a questo prodotto tipico della pasticceria calabrese si sono ispirati tantissimi gelati industriali, che nulla hanno a che vedere con quello originale. Volete sapere che cosa contraddistingue il Tartufo di Pizzo Calabro?
Pizzo era già conosciuta per la produzione di dolci e di gelati (il Tartufo non ha che incoronato questa tradizione), che si faceva solo un paio di volte all’anno, perché a quei tempi in cui non si disponeva di frigoriferi era una lavorazione davvero lunga e laboriosa; si preparava, ad esempio, per la festa patronale del 23 aprile oppure in occasione di qualche matrimonio nobile. Finché un giorno le cose cambiarono…
Nel 1952 in occasione dell’importante visita di un principe, venne fatta una maggiore richiesta di dolci e gelati agli abili pasticceri di Pizzo; tutti si prodigarono in vista di un simile incontro, ma qualcuno più degli altri. Il gelatiere Giuseppe De Maria, che all’improvviso era rimasto senza più né granite né formine, si inventò un nuovo prodotto (forse ispirato dall’omonimo cioccolatino piemontese?): con le mani modellò delle palline di gelato artigianale, metà alla nocciola e metà al cioccolato, con dentro del cioccolato fondente liquido, caramello e liquore Strega, chiudendole poi con un metodo simile a quello usato per l’arancino (il mastro infatti aveva origini siciliane); infine, ricoprì queste palle con una spolverata di cacao amaro in polvere (e zucchero), le mise in una carta pergamena dentro a una stecca di ghiaccio per far sì che si consolidassero (non esistevano ancora i frigoriferi). Nacque così il Tartufo di Pizzo, diverso da quello siciliano che invece contiene anche mandorle e gianduia. Il suo nome deriva dalla forma che ricorda un po’ quella del fungo, e in passato ancora di più, visto che erano molto più irregolari di come sono oggi.
Fonte: ilgiornaledelcibo.it foto di Giulia Ubaldi